Non so i miei compagni di avventura, ma a me, l'uomo del racconto, lasciare il bosco di Axa è sembrato più pesante rispetto a quanto non fosse stato, nei mesi precedenti, venire via dal Peuterey o da Masserano.
Forse dopo quei festival sapevamo che l'estate sarebbe arrivata (lo si pensava a maggio, ma anche a luglio, dato il tempo...) e con lei altre feste; domenica sera si sapeva invece che le tende, i vessilli, i costumi da fiaba sarebbero stati riposti per lunghi mesi.
Ma torniamo indietro di qualche giorno, o forse solo qualche ora, e di essere meno malinconici e più oggettivi. Siamo arrivati nel bosco di Axa Briga alla sera di venerdì, Elder, Keelan ed io, mentre il tramonto lasciava al crepuscolo il compito di farci vedere gli spazi di questo festival, non ancora pronto all'arrivo dei visitatori. Abbiamo montato le tende da campeggio alla luce dei fari, e cenato sul furgone, spostando sotto le querce gli oggetti che non avrebbero patito l'umidità notturna.
Poi solo il tempo di buttarci in tenda assieme ai sacchi a pelo, prima di dirsi buonanotte.
Una notte silenziosa... sarebbe stata se le cornamuse non avessero suonato assieme ai tamburi... ma il sonno è giunto ugualmente.
Al mattino del sabato sveglia presto, colazione in paese, in un bar dove il tempo si è fermato a metà degli anni '70. Quindi di nuovo nel bosco a "creare" il nostro villaggio, sotto un cielo sempre più azzurro e luminoso... dopo sarebbe stato molto caldo!
Eccolo il nostro villaggio, questa volta piccolo e senza troppi orpelli, ma sicuramente completo di tutto: il nostro vessillo, il cerchio di pietre per custodire il fuoco, un po' di legna per tenere viva la fiamma durante la sera e la notte, oltre che per cucinare, alcune panche per desinare, il tavolo carico di stoviglie, la tenda più grande, trasformata da magazzino in dormitorio, due tende piccole adibite a magazzino, l'una di cibo, l'altra di costumi e attrezzi.
Non si vede, ma sotto le due querce a destra nella foto, la pietra è diventata un piccolo altare per ringraziare gli spiriti del bosco e gli elementi; a loro abbiamo portato acqua, noci e ghiande raccolte durante una passeggiata, bacche di sambuco e legnetti.
Così abbiamo atteso gli altri Sallui, come Rowan, che sono arrivati nel pomeriggio, e il giorno dopo.
E' scesa la notte del sabato, e il nostro fuoco, assieme a quelli degli altri campi e alla pira accesa nel prato, ha seminato il buio di luci tremolanti. Come ormai mi capita sempre durante queste feste, non ho quasi dormito, ascoltando la voce delle fiamme e il sussurro del vento.
Forse ho voluto vegliare, mentre gli altri sognavano e dormivano, come una sentinella solitaria, scrivendo poesie silenziose agli spiriti che ancora dimorano fra le radici degli alberi.
Poi è arrivata la domenica, e con lei Helori, che ha portato alcune brioches, magari non troppo filologiche ma molto gradite. La giornata è volata, sino a quando non ci siamo cambiati da fate, maghi e fauni, per far sorridere di sorpresa e di meraviglia i bimbi che giravano alla festa.
Avremmo dovuto interpretare gli stessi personaggi nel contesto di un gioco dell'oca vivente, ed eravamo molto curiosi di questo esperimento, ma non vi è stato modo di organizzarlo, per la concomitanza di altre attività proposte da altri gruppi. Sarà per la prossima volta.
Infine abbiamo smontato tutto. Rapidi, silenziosi, efficienti...
Le tende sono diventate fasci di pali e sacchi di tessuti, i costumi sono entrati malinconici dentro alle scatole, i nostri vestiti da campo piegati nei trolley. Qualche saluto a chi ha organizzato l'evento, Caddy, Sonia, Renata, Fox della Fossa, e poi un silenzioso viaggio di ritorno ci ha riportato alla base.
Ora entreremo in letargo, anche se spero che ci sia qualche altro piccolo grande evento come questo, a tirare fuori dalle scatole e dai sacchi il nostro mondo alternativo e colorato, quello dei Sallui.
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