Fra le tribù celtiche che in tempi passati abitavano le terre piemontesi, vi erano i Sallui, o Salluvi, insediatisi nell'attuale territorio vercellese.
I ritrovamenti d’epoca preistorica in quella zona che comunemente s’intende per "ager vercellensis" pur non essendo rari, hanno carattere sporadico così da non consentire allo stato attuale delle ricerche una visione chiara ed unitaria. Le tracce della presenza dei Liguri nel territorio vercellese, prima d’essere sommersi e integrarsi con l’invasione celtica, sarebbe data da alcuni nomi con suffissi in asco (Salasco, Rimasco, Civiasco).
Le prime testimonianze
Dal VI secolo nell’area piemontese-lombarda cominciano a infiltrarsi tribù celtiche provenienti dal nord Europa, ma si tratta di gruppi sparsi, ognuno con un proprio capo secondo la forma associativa dei Celti.
Tito Livio nel quinto dei suo libri "Ad Urbe Condita" (giocato su due avvenimenti centrali: assedio e presa di Veio, caduta di Roma nel 386/7 nelle mani dei Galli Senoni e sua liberazione per mano di Camillo) nel rapido excursus dei capitoli 33-35 ci dà le notizie necessarie per capire la realtà delle ondate di popolazioni che investirono la pianura padana in un periodo attorno al 400 a.c..
Nella valle Padana si stabilirono fra gli altri i Cenomani, i Libui, i Salluvi, gli Insubri e infine i Senoni che dovevano dirigersi verso chiusi e occupare per brevissimo tempo Roma: 386/7 a.C. secondo la cronologia di Polibio, nel 390 a.C. secondo la cronologia tradizionale.
II secolo a.C.
Nel II secolo a.C il greco Polibio (Storie II-16) afferma: "Gli Appennini a partire dalla zona di Marsiglia e dalla convergenza con le Alpi sono abitate dai Liguri che si estendono, anche sul lato rivolto al mare Tirreno e nella pianura, lungo il mare fino alla città di Pisa che è la prima città etrusca per chi va verso occidente e nell’entroterra fino alla zona di Arezzo".
Aggiunge Polibio (II,17): "Nella regione prossima alle sorgenti del Po abitavano i Lai e i Lebici; dopo questi gli Insubri, più oltre presso il fiume i Cenomani".
I secolo a.C.
In età Augustea Livio (V-35) scrive "Libui considunt post hos Salluviique, prope antiquam gentem Laevos Ligures incolentes circa Ticinum amnem" (I Libici sono insediati dopo questi e anche i Salluvi, presso l’antica stirpe dei Levi Liguri che abitavano le zone attorno al fiume Ticino).
Plinio il vecchio poi nel (N.H.III-24) I sec d.C. afferma che "Vercellae Libicorum ex Salluis ortae" (Vercelli dei Libici di origine salluvica).
Nella descrizione geografica della Transpadana, Plinio ci informa che la fondazione dell’insediamento fu dovuta ai Salluvi mentre in un secondo tempo Vercellae è in possesso dei Libici. Con questa testimonianza bene si lega quella di Tolomeo che, illustrando le condizioni geografiche della Cisalpina anteriormente all’occupazione romana (III, 1,132), ci tramanda che Vercellae e Laumellum (Mortara) abitate dai Libici erano passate in seguito sotto il dominio degli Insubri.
I Sallui o Salluvi erano una tribù celto-Ligure molto potente che occupavano la zona tra il Rodano e le alpi marittime.
Nel passo citato da Livio (V,35,2): "Libui considunt post hos (Cenomanos) Salluviique" e cioè "Dopo questi (i Cenomani) hanno le loro sedi i Libici e i Salluvi", i Libici-Salluvi sono una popolazione celtica discesa nella valle del Po alla fine del V secolo a.C. che prende possesso della regione "prope antiquam gentes Laevos Ligures incolentes circa Ticinum amnem" (presso l’antica stirpe dei Levi Liguri che abitano presso il fiume Ticino).
È chiaro che preesistenti popolazioni di ceppo ligure dovevano vivere nella zona tra Elvo, Cervo e Sesia e che avvenne anche qui quel processo di fusione per cui gli storici antichi parlavano giustamente e prudentemente di popolazioni celto-liguri.
Liguri o Celti?
Circa i Salluvi e le loro origini le fonti non sono concordi: secondo Plinio il vecchio (III,47): "Ligurum celeberrimi ultra Sallui, Deciates, Oxubii" (I più numerosi dei Liguri oltre le Alpi sono i Sallui, Deciates, Oxubii). Quindi l’origine dovrebbe essere ligure e in questa direzione concordano la testimonianza delle liste trionfali (C.I,L I p.460) "de Liguribus Vocontiesìsque Salluveisque" e quella di Giulio Obsequente (De prodigiis, 90).
Livio, invece, non ha dubbi sulla loro origine celtica in Epitome LX quando afferma "missus in auxilium Massiliensibus adversus Saluvios Gallos" e li elenca tra le popolazioni celtiche discese nella valle Padana alla fine del V secolo (V, 35,2). Egli ci informa altresì in XXI, 26, 3, che "P. Cornelius, praeter oram Etruriae Ligurumque et inde Saluvium montes pervenit Massiliam" e cioè: "P. Cornelio lungo la costa dell’Etruria e dei Liguri e poi per i monti dei Salluvi pervenne a Marsiglia". Anche qui la distinzione tra Liguri e Salluvi appare chiara.
A chiarire il dilemma Liguri o Celti è un passo di Strabone (IV, 6, 3): "i più antichi degli scrittori greci chiamano i Salluvi Liguri e occupano il territorio ligure che hanno i Massalioti, quelli più recenti li definiscono Celti -Liguri". Quindi per Strabone, che scrive in età augustea, c’era una trasformazione del giudizio degli scrittori greci certamente informati attraverso la colonia greca di Marsiglia: in un primo tempo i Salluvi erano considerati Liguri, mentre in un secondo tempo la componente celtica aveva acquistato grande importanza.
Questo tipo di sovrapposizione avvenuta nel sud-est delle Gallie dovette ripetersi nelle zone di ceppo ligure della valle Padana con l’arrivo di popolazioni guerriere di tipo celtico che si sovrapposero alle antiche genti, per cui quando i Romani penetrarono nei territori della Cisalpina si trovarono dinanzi a popolazioni ormai fortemente celtizzate (è questa l’opinione dei comandanti romani come si riflette in Polibio II, 17 e II, 35, 4).
Area geografica
Per delineare meglio le condizioni dei Salluvi dobbiamo servirci di Strabone, particolarmente profuso su di essi certamente in relazione alla colonia focese (regione della grecia) di Marsiglia fondata verso il 600 a.C in territorio salluvico e sempre premuta da questa popolazioni. Strabone (IV,6,3) c’informa che la regione compresa tra Monaco e Marsiglia apparteneva a loro come anche le regioni costiere tra le Alpi e il fiume Varo (IV,1,6 e IV,1,9). Erano di origine salluvica le città di Tarascona ed Arles secondo le testimonianze di Plinio il vecchio (N:H: III-36).
Nel medesimo passo Plinio il vecchio aggiunge che la capitale di queste popolazioni era Aix (Aquae Sextiae Saluviorum) la più antica città romana della Gallia. Destinata a divenire il centro di collegamento con le province iberiche conquistate dai romani, nel basso impero è ancora ricordata col nome di Salluvi da Ammiano Marcellino (XV-11-15). I Libici erano una popolazione all’interno del gruppo salluvico: secondo le fonti antiche sono chiaramente riferibili all’area celtica come si deduce dal passo di Polibio già citato (II,179 e da quello di Livio (XXI,38,7) dove, in occasione del passaggio di Annibale in Italia, parla di loro dicendo che passando per i monti abitati dai Salassi ( Valle d’ Aosta ) si giunge a "ad Libuos Gallos".
Secondo Plinio il vecchio infine (N.H.III, 3) erano attestati nel delta del Rodano: "Libica appellantur duo eius Rhodani ora modica; ex his Hispaniense, alterum Metapinum" e cioè "i Libici sono chiamati due sbocchi modesti del Rodano; uno di questi si chiama Hispaniense, l’altro Metapino".
Quindi mentre i Libici occupavano due rami minori del Rodano, i greci di Marsiglia erano insediati nella foce maggiore del Rodano in una posizione tale da resistere alle spinte galliche e a "incivilire" le popolazioni come ci attesta ad esempio Trogo-Giustino in età augustea(XLIII, 3). Le tribù libiche dovettero essere inglobate nel momento dell’espansione salluvica e seguirla poi in Italia. Dal momento che Strabone (IV,6,4) ci da tutta una serie di notizie sui Salluvi e che chiaramente Plinio il vecchio ci dà la sequenza degli insediamenti a Vercelli possiamo concludere che la zona in questione era certamente considerata d’un certo interesse strategico anche per la presenza dei fiumi Cervo e Sesia.
Se teniamo conto che le fonti del II e del I secolo danno come abitatori i Libici, si dovrà dare ragione all’ipotesi di Philip (Philip: Pauly-Wissowa XII-p.112-s.V "Libici"), secondo la quale le due popolazioni erano affini e che in un primo tempo siano giunte delle popolazioni salluviche seguite poi da gruppi libici i quali s’imposero gradualmente fino a coniare una moneta propria. Seguendo quindi le fonti antiche e con la necessaria cautela possiamo fissare l’estensione del territorio delle tribu libiche in questo modo: a nord dei libici fra il corso dell’Agogna e quello del Ticino erano saldamente presenti i Vertacomacori che avevano fondato Novara (Plinio il vecchio, N.H.III-124). A nord-est vi erano i Laevi mentre i Marici erano insediati a sud-est oltre Laumellum (Mortasa) abitata ancora da genti libiche.
Ad ovest erano libiche le popolazioni insediate presso gli affluenti di sinistra della Dora Baltea in quanto la Serra costituiva una linea divisoria tra queste popolazioni e le tribù salasse. Infine a nord-ovest si trovavano i temibili Salassi e ad ovest i Taurini (Livio XXI-38,7).
I Libici tenevano saldamente in pugno il territorio vercellese che giungeva a sud fino al Po e, facendo capo a Laumellum (Mortara), si estendeva lungo le due rive del Sesia probabilmente fino alla confluenza del fiume col Po.
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